Un progetto ambizioso per investire nella Piana in natura e benessere,
tutelando le nostre contrade agricole dalla continua avanzata del cemento,
coniugando così, in un ideale connubio, ambiente, salute, cultura ed
innovazione. Un ritorno alle nostre origini, creando nella nostra Piana ben 8
oasi verdi, otto parchi urbani dall’estensione di non meno di 3 ettari l’uno,
con imponenti alberi d’alto fusto in grado di assicurare estesissime zone
d’ombra.
CENNI STORICI. Un ritorno alle origini, quando nel
Medioevo esisteva un immenso parco, una vastissima estensione boschiva ricca di
querce in cui abbondava il rovere. Si trovava in quella che ancora oggi viene
denominata non a caso contrada Parco. Re Giacomo d’Aragona, che alla fine del
Duecento soggiornò per lungo tempo a Milazzo, scelse questo nostro bosco per
impiantarvi il suo “Parco Reale”, che da allora venne indicato con
l’espressione «solazzo regio seu bosco appellatu lu Parcu», così in due antichissimi
documenti provenienti dall’Archivio Storico comunale e datati, rispettivamente,
1440 e 1479! Re Giacomo d’Aragona era talmente legato al suo parco reale che vi
fece innalzare persino un palazzo reale (sorse sino alle soglie dell’Ottocento
nell’omonima contrada, accanto alla Silvanetta, dove oggi l’imprenditore ittico
Salamone vende il suo pesce) con tanto di cappella reale, quella giunta a noi
col nome di chiesetta di S. Maria “del Boschetto”, il bosco del Parco per
l’appunto.
Un’immensa area boschiva che fu oggetto d’intenso sfruttamento,
in parte autorizzato, ma spesso e volentieri privo di qualsivoglia permesso
delle autorità competenti. Non mancarono provvedimenti restrittivi atti ad
impedire tale spoliazione di «cherci et
rubuli», ossia di querce e di roveri. Come quello che nel 1514 testimoniava che
al Parco si rifornivano abbondantemente, per ricavare legna, oltre ai
Milazzesi, anche le galere imperiali, da cui sbarcavano i “mori” (schiavi neri)
per tagliare il rovere di Milazzo. Lo sfruttamento scriteriato ebbe la meglio:
scomparve il bosco e del Parco rimase solo il nome della contrada, i cui vasti terreni
furono messi all’asta dal Comune intorno all’anno 1802 ed acquistati dai
privati che nella seconda metà dell’Ottocento producevano i vini migliori:
quelli del Parco erano infatti classificati come vigneti di “primissima
classe”.
IL PROGETTO. In 8 contrade della Piana, perlopiù in prossimità dei nuclei
ad alta densità abitativa, saranno individuate altrettante aree, di estensione
non minore di 3 ettari cadauna, attualmente in stato di abbandono. L’iniziativa
tende a convertire tali aree degradate in 8 parchi urbani attrezzati con tanto
di videosorveglianza. Le contrade prescelte saranno il Parco, in particolare i
vasti terreni posti dirimpetto al centro surgelati Porcino ed alle spalle della
chiesetta di S. Maria del Boschetto, Ciantro (terreni abbandonati tra l’omonima
via e l’asse viario), S. Paolino (in prossimità dello svincolo dell’asse viario
dove in atto si sta registrando l’avanzata del cemento), Fiumarella (dirimpetto
la popolosissima via Togliatti) ed ancora i vasti appezzamenti di terreno incolti
posti a ridosso delle contrade S. Marina, Bastione, S. Pietro e S. Marco.
Obiettivo del progetto
è quello di ostacolare l’avanzata del cemento nella Piana, sottrarre al degrado
appezzamenti attualmente incolti, aggiungere servizi di qualità a quartieri
periferici in atto ridotti a veri e propri dormitori, ma soprattutto creare, in
una città martoriata dalle industrie inquinanti, 8 polmoni verdi che migliorino
la qualità della vita dei Milazzesi in termini di ambiente, natura, salute e
cultura.
Già, perché ciascuno degli 8 parchi urbani sarebbe dotato di
pannellistica bilingue con lo scopo di divulgare le nostre tradizioni e la
nostra cultura (penso, per citare un solo esempio, ai pannelli che rievocherebbero la storia del
Parco, del Palazzo e della Cappella Reale di Re Giacomo d’Aragona), ma anche le
specie arboree coltivate e la sensibilizzazione al rispetto della natura e dell’ambiente.
A tal proposito ogni parco urbano sarebbe dotato di curatissimi prati e di
alberi ad alto fusto (pini, platani, etc. etc.) in grado di offrire ampie zone
d’ombra in cui piazzare panchine, contenitori dei rifiuti, punti ristoro ed
eleganti giochi lignei per i più piccoli. Il tutto impreziosito da laghetti artificiali, fontanelle
e vialetti con ricorso minimo, anzi quasi inesistente, a pavimentazioni e/o
cementificazioni di supporto in genere. Impensabile la realizzazione degli 8
parchi urbani citati senza il supporto dei WC pubblici e di efficaci impianti
di videosorveglianza.

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