martedì 4 marzo 2014

Un festival del mare per Milazzo turistica

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Le nostre industrie, i metalli pesanti e le urine dei nostri adolescenti

Desidero ringraziare gli amici del MoVimento 5 Stelle di Milazzo e l'on. Valentina Zafarana per aver fatto approdare queste mie riflessioni all'Assemblea Regionale Siciliana, con un'interrogazione, prima, e con un'audizione, dopo. Il problema, però, a tutt'oggi rimane insoluto.


«Inquinamento e valori, Gitto replica al consigliere Marano», questo il titolo di un trafiletto apparso oggi sulla Gazzetta del Sud, in cui l’assessore comunale all’ambiente richiama il consigliere, reo di aver «scoperto l’acqua calda», avendo diramato dati – sulle emissioni della Raffineria - pubblicati online già da un mese sul sito internet del Comune di Milazzo. Il riferimento – stando a quanto riferisce la Gazzetta – è al rapporto “Mal’aria industriale” di Legambiente. «La fonte di questi dati – precisa Gitto – è il Registro europeo. Le soglie di rilevanza sono dei valori sicuramente da attenzionare, ma i valori limite sono altri e stabiliti dall’Aia».

Ma, a mio parere, è proprio il riferimento all’AIA della Raffineria (Autorizzazione Integrata Ambientale, il provvedimento con cui vengono disciplinate e monitorate le emissioni inquinanti nell'ambiente) che dovrebbe far riflettere maggiormente e invitare ad una disamina più pacata e ponderata, tanto più che la stessa AIA è stata messa in relazione – a torto o a ragione - al suddetto rapporto di Legambiente. Mi spiego.

 La Raffineria di Milazzo negli anni Sessanta

Prendiamo in primo luogo in considerazione il recente biomonitoraggio condotto dal Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale dell’Università di Messina in collaborazione con l’Organizzazione Mondiale della Sanità. Condotto dal prof. Francesco Squadrito, tale biomonitoraggio ha accertato che un campione di circa 200 adolescenti delle scuole medie di Milazzo, S. Lucia del Mela, S. Filippo del Mela e di altri quattro comuni ricadenti nel comprensorio industriale denominato “Valle del Mela”, opportunamente esaminati (emocromo, urine ed ecografie), è risultato essere vittima dell’inquinamento: le loro urine hanno messo in luce la presenza di metalli pesanti nel loro organismo (in particolar modo nichel, cadmio e cromo).
Il rapporto del prof. Squadrito, alquanto allarmante, è stato presentato nel luglio 2013, riscontrando che in ben 31 casi su 200 si sono presentate alterazioni morfologiche nell'apparato riproduttore degli adolescenti, tutti di età compresa tra i 12 ed i 14 anni. Il biomonitoraggio è stato inoltre oggetto di un’interrogazione parlamentare presso il Senato della Repubblica (atto di sindacato ispettivo n° 3-00455 pubblicato il 5 novembre 2013, nella seduta n. 134, ad opera dei senatori Catalfo, Nugnes, Pepe e Martelli) e soprattutto attenzionato, nello stesso mese di novembre, dalla Procura della Repubblica di Barcellona Pozzo di Gotto che ha aperto di conseguenza un’indagine.

Ed andiamo adesso al rapporto di Legambiente, quello per il quale Marano avrebbe scoperto l’acqua calda. Come attesta Mal’Aria Industriale (novembre 2012), il nichel viene rilasciato nell’ambiente in modo massiccio dalla Raffineria di Milazzo, mentre il cromo dalla Centrale Termoelettrica di S. Filippo del Mela. Le due aziende – indubbiamente le più importanti tra quelle ricadenti nel comprensorio industriale denominato “Valle del Mela” - in questo tipo di “produzione” si collocano inoltre ai vertici degli stabilimenti italiani che rilasciano nell’ambiente tali tipologie di sostanze, rispettivamente in seconda ed in sesta posizione nella classifica delle emissioni nell’atmosfera di nichel e cromo.

E torniamo all’AIA, chiudendo dunque il nostro ragionamento. Ebbene è stata rilasciata alla Raffineria di Milazzo nel recente 2011 (in occasione della realizzazione della nuova unità idrogeno HMU3). Esaminando in particolare il relativo parere rilasciato in data 25 febbraio 2011 in sede di istruttoria dalla Commissione Tecnica di Verifica dell’Impatto Ambientale si evince che alla predetta data del febbraio 2011 “sul territorio regionale non si rilevano in via continuativa metalli pesanti (…)» e che «la rete regionale di monitoraggio della qualità dell’aria è in fase di revisione ed adeguamento ai criteri stabiliti dagli standard europei», oltre alla circostanza che «le stazioni di monitoraggio per metalli saranno inserite nel contesto della rete regionale di monitoraggio nel nuovo assetto futuro”.

«I valori limite sono altri e stabiliti dall’Aia», ci ricorda l’assessore Gitto. Ma è proprio la stessa AIA che prende atto dell’inadempienza della Regione Siciliana in materia di monitoraggi continuativi sui metalli pesanti. Monitoraggi che – qualora venissero realizzati – comporterebbero verisimilmente un riesame immediato dell’AIA rilasciata alla nostra Raffineria. Quel riesame che, per un cavillo burocratico, non viene paradossalmente consentito al vicino Comune di S. Lucia del Mela, il cui territorio ricade nell’area ad alto rischio ambientale ed i cui adolescenti presentano – in valori maggiori rispetto a quelli registrati negli altri Comuni, stando al rapporto del prof. Squadrito - tracce di metalli pesanti nelle urine.

A tal proposito molto interessante è quello che sta avvenendo proprio in questi giorni in un’altra regione a statuto speciale, il Friuli Venezia Giulia, dove l’Arpa ha appena ricevuto dall’assessorato regionale competente l'incarico di portare avanti, in collaborazione con l'Università di Trieste, «uno studio approfondito sulla qualità dell'aria del monfalconese che preveda, oltre all'utilizzo di apparecchiature automatiche per la rilevazione su basi chimico-fisiche, anche l'uso dei licheni epifiti come bioindicatori, al fine di certificare il livello delle emissioni nell'aria con particolare riguardo per i metalli pesanti». Con l’iniziativa in questione, promossa dall’assessore regionale all'Ambiente ed Energia, Sara Vito, in risposta ad un’interpellanza sulle emissioni della Centrale Termoelettrica di Monfalcone, «solo ora l’attenzione relativa ai livelli di inquinamento nel monfalconese ha acquisito centralità nell’azione amministrativa della Regione, in quanto né il biomonitoraggio con i licheni, né tanto meno l'indagine epidemiologica [erano] mai stati avviati con l'obiettivo di avere, aggiornati, tutti gli elementi scientifici che potrebbero motivare anche un eventuale riesame dell’Aia (Autorizzazione integrata ambientale) rilasciata alla Centrale di Monfalcone (…). Inoltre, le rilevazioni sinora eseguite nel monfalconese si riferivano a parametri come l’anidride solforosa, gli ossidi di azoto, il monossido di carbonio, le polveri, ma erano carenti di informazioni su alcuni inquinanti, come appunto i metalli pesanti».

 (fonte: massimotricamo.blogspot.it - 16 febbraio 2014)

Salviamo il Cimitero monumentale

Recuperare la porzione monumentale del Cimitero di Milazzo, che attualmente versa in condizioni di degrado, investendo gli introiti derivanti dall’aggiudicazione all’asta di concessioni cimiteriali revocate. E’ quanto si propone  in analogia a quanto praticato recentemente nel Gran Camposanto di Messina, dove il Comune sta mettendo all’asta antiche cappelle gentilizie abbandonate da decenni al degrado. Un’iniziativa, quella promossa in riva allo Stretto, che punta a soddisfare la richiesta di nuove sepolture, oltre a garantire il recupero delle cappelle che versano in stato di abbandono, recupero cui dovranno provvedere gli aggiudicatari delle gare, rispettando peraltro le prescrizioni dettate dalla Sovrintendenza di Messina.

Nel Cimitero di Milazzo, impiantato nel lontano 1888, sono diversi i sepolcreti e le cappelle gentilizie abbandonati al degrado perché di proprietà di famiglie che si sono estinte o i cui eredi si sono completamente disinteressati degli stessi sepolcreti e cappelle. Proprio qualche mese fa, a Messina è stata aggiudicata all’asta una delle cappelle più antiche del Gran Camposanto, la cappella Gatto-Cucinotta,  posta a base d’asta per il prezzo di circa 127.000 euro ed aggiudicata per 160.000. Non è l’unica concessione per la quale il Comunedi Messina ha proceduto alla revoca. Nel nostro Cimitero un’iniziativa simile non solo consentirebbe di restituire decoro ad alcune cappelle e sepolcreti in atto ridotti addirittura a cumuli di detriti e rifiuti, ma le centinaia di migliaia di euro che si introiterebbero dalle aste pubbliche dei rinnovi consentirebbero di procedere al restauro di numerosi posti distinti della porzione monumentale,  alcuni dei quali recano firme di artisti di nota fama, come lo scultore Rutelli,  o iscrizioni di pregio come quelle del Pascoli. Senza considerare il decoro che verrebbe restituito alle tombe di tanti nostri concittadini, al momento in condizioni di vergognoso degrado, con marmi divelti e frantumati. Un modo per garantire standard dignitosi alle sepolture in un momento di penuria per le dissestate casse comunali, che da questa operazione trarrebbero una bella boccata d’ossigeno. Ma soprattutto un modo per soddisfare, come a Messina, la pressante richiesta di nuove sepolture. E poiché gli introiti che si ricaverebbero con tale iniziativa sarebbero sicuramente cospicui,  vi sarebbe anche spazio per finanziarie gli oneri di manutenzione ordinaria del nostro Camposanto, tra tutti quelli relativi al giardinaggio ultimamente alquanto trascurato.

L’istituto della revoca  riguarda anche le concessioni perpetue. «A stabilirlo è  la sentenza n. 842 emessa dal Consiglio di Stato l’8 febbraio 2011. Infatti, con la disposizione di cui all’art. 93 del regolamento governativo approvato con D.P.R. n.803/1975 (il cui contenuto è stato poi ripetuto nell’art. 92 del D.P.R. 10.9.1990 n.285), il legislatore, dopo aver precisato che le concessioni cimiteriali rilasciate dopo l’entrata in vigore del regolamento non possono avere una durata superiore ai 99 anni, salvo rinnovo, prevede per quelle anteriori, di durata superiore ai 99 anni (dunque anche quelle perpetue), la facoltà di revoca da parte del Comune quando siano trascorsi 50 anni dalla tumulazione dell’ultima salma, quando verifichi una grave situazione di insufficienza del cimitero rispetto al fabbisogno (si ricorda che a Milazzo possono essere seppelliti solo i residenti nel Comune) e non sia possibile provvedere tempestivamente all’ampliamento o alla costruzione di nuovo cimitero, condizione quest’ultima presente a Milazzo, considerato lo stato di dissesto finanziario che non agevola la realizzazione di nuove opere pubbliche. Peraltro la giurisprudenza del Consiglio di Stato (sez. V, 11/10/2002 n. 5505) è pacifica nel senso di assimilare le concessioni perpetue a quelle di “durata superiore a 99 anni”».

Problematica risulta ovviamente l’identificazione degli eredi dei sepolcreti e delle cappelle cui indirizzare la comunicazione di avvio del procedimento amministrativo, visto che trattasi in gran parte di strutture ultracentenarie. In tal caso basterebbe procedere analogamente agli uffici comunali di Messina, che hanno provveduto in tali casi a dare ampia comunicazione del suddetto avvio con pubblicazione per 90 giorni all’albo pretorio dell’ente, con notifica a mezzo stampa e anche con affissione di apposito avviso al cancello della cappella o del sepolcreto interessato dal procedimento amministrativo di revoca.

Facendo riferimento invece agli antichi posti distinti, si invitano infine Amministrazione e tecnici comunali,  visto che la Sovrintendenza avrebbe vincolato recentemente soltanto alcuni e non tutti i loculi della porzione monumentale, a non procedere comunque ad una revoca sistematica ed indiscriminata delle concessioni dei posti distinti di tale porzione, prescindendo cioè dai canoni storico-estetici e dalle regole di buonsenso dettate invece dalla stessa Sovrintendenza per i loculi oggetto di vincolo: la circostanza che non tutti i loculi siano stati vincolati non può comunque autorizzarci a smantellare la storicità e il fascino dei posti distinti ultracentenari non vincolati, i quali meritano comunque tutela, proprio perché testimonianze storiche, ancorché non sottoposte a vincolo. Non possiamo distruggere le tombe dei nostri patrioti o comunque quelle di cittadini vissuti ben due secoli fa,  sol perché non sottoposte a vincolo dalla Sovrintendenza. Revoca si, ma senza esagerare. La porzione monumentale del ns. Cimitero è un bene culturale da tutelare e preservare, quand’anche sia assente il provvedimento di vincolo. Facciamo dunque prevalere il buon senso, applicando anche a questi loculi, in caso di revoca di concessioni perpetue, le norme dettate dalla Sovrintendenza per la tutela delle tombe oggetto di vincolo storico-artistico. Ci dispiacerebbe non poco se un domani i posti distinti della porzione monumentale diventassero una sorta di scacchiera arlecchinesca con tanto di marmi neri luccicanti posti, in sostituzione di quelli bianchi antichi, a copertura di loculi abbandonati al degrado e dunque soggetti a revoca, ma non sottoposti appunto a tutela della Sovrintendenza».